giovedì 17 marzo 2016

Alfonso Gatto torna al Catalogo

di Aristide Fiore
[Pubblicato su Le Cronache, 08-03-2016] «Mi piace alla fine, dirmi e dirvi che vivo ancora, che ogni segno, ogni parola detta, scritta o dipinta, affidata all'amore altrui, mi dà vita». Difficile trovare una sintesi migliore delle stesse parole del poeta, nel dar conto dell'omaggio che gli è stato reso attraverso la mostra fotografica Alfonso Gatto e il Catalogo 1968-1976, allestita con la collaborazione della Fondazione Gatto dal 6 al 13 marzo presso la galleria Il Catalogo di Lelio Schiavone e Antonio Adiletta, nel quarantennale della morte: quarantacinque foto di Michele Adinolfi, Benito Siano e Antonio Tateo, scattate a Salerno tra il 1963 e l'anno della scomparsa, il 1976. L'attenta selezione curata da Adiletta è presentata da un testo di Paola Capone, docente di Storia dell'arte dell'ateneo salernitano. Alla carrellata di esponenti del mondo dell'arte e della cultura, ma anche della politica e dello sport, come Josè Altafini, fanno da cornice ideale un bel ritratto del poeta risalente al 1937 e le immagini dell'addio: le partecipatissime esequie e la tomba del poeta nel cimitero di Salerno, sormontata da un macigno, incombente in primo piano, che, con la sua mole, sembra evocare la grandezza del personaggio e al tempo stesso il peso di una perdita irrimediabile, che solo la memoria, tenuta viva in città proprio tra le pareti bianche di quella sala, oltre che attraverso le iniziative della fondazione a lui intitolata, può alleviare.
Due i punti salienti della storia rievocata dalle immagini esposte: il primo è quello che potremmo definire il momento iniziale della "seconda vita" di Gatto a Salerno, quando cioè, in seguito a un appello a mezzo stampa di Bruno Fontana, Antonio Castaldi e dello stesso Schiavone, fu insignito della medaglia d'oro dal sindaco Alfonso Menna, ottenendo così il giusto riconoscimento dei suoi ragguardevoli meriti artistici; il secondo, in quanto lo vide protagonista nella doppia veste di poeta e pittore, rappresenta il momento forse più importante di quella breve ma densa vicenda, ovvero la personale di Gatto tenutasi nell'aprile del 1970 in occasione della presentazione del volume Rime di viaggio per la terra dipinta (Arnoldo Mondadori, 1969), corredato di cento tempere: un'opera che riuniva le due principali forme di espressione di un artista e letterato poliedrico, poeta in tutto, oltre che nella poesia, come ha sottolineato lo scrittore e giornalista Francesco De Core nel suo intervento all'inaugurazione della mostra.
Negli anni che seguirono quel simbolico ricongiungimento tra il "poeta con la valigia" e la sua città, già legata per sempre a lui per aver ispirato molti dei suoi versi fin dagli esordi, oltre che attraverso i ricordi e gli affetti familiari, si determinarono le premesse del suo contributo concreto e continuo alla vita culturale salernitana, tramite il sodalizio umano e culturale con Lelio Schiavone. La consapevolezza della validità del suo proposito di aprire una galleria destinata a divenire un luogo d'elezione per generazioni di studiosi e estimatori d'arte, spinse Gatto, dopo aver tenuto a battesimo, nel 1968, la nuova iniziativa culturale e imprenditoriale (a lui si deve, tra l'altro, la scelta del nome), a rendere meglio partecipe il pubblico salernitano di quanto di meglio si andava allora proponendo in Italia e non solo, attraverso i testi critici che accompagnavano le mostre, oltre che assicurando la sua assidua presenza ai vernissages e nella vita di quel cenacolo di intellettuali noti come "Gli Amici del Catalogo". Non a caso il poeta volle paragonarli a un manipolo di cavalieri, votati all'amore e alla custodia di opere d'arte «belle come le donne».