mercoledì 5 febbraio 2014

Omaggio al massiccio degli Alburni

Di Aristide Fiore
[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, 4 febbraio 2014, p. 16.]
I Monti Alburni.
Questa sera a Calvanico, presso la Residenza rurale “L’Incartata”, alle ore 16:00, si terrà un incontro dedicato ai Monti Alburni, che comprenderà una lezione dello storico Antonio Capano e la presentazione del “Calendario di Postiglione 2014”. Seguirà una cena con pietanze tipiche degli Alburni.
I Monti Alburni, il cui nome si riferisce al colore chiaro delle rocce, costituiscono un importante massiccio calcareo situato fra le valli del Sele, del Tanagro e del Calore, delimitato a est dal Vallo di Diano. Compreso nel Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, questo gruppo montuoso, le cui vette principali superano i 1700 metri, è conosciuto come “le Dolomiti del sud” per l'imponenza delle creste rocciose che coronano un vasto altopiano interessato da intensi fenomeni carsici. Vi si trovano infatti oltre 200 grotte a prevalente sviluppo verticale, fra le quali si annoverano le Grotte di Castelcivita e le Grotte di Pertosa, annoverate tra le principali attrazioni turistiche della zona, insieme all'Oasi di protezione WWF di Serre-Persano.
Frontespizio del calendario "Postiglione 2014" (particolare).
Il nuovo calendario edito dall’“Arci Postiglione”, il quindicesimo della serie, contiene immagini fotografiche del recente passato di questo comune di origine medievale, situato sul versante occidentale degli Alburni. Le immagini selezionate riguardano, fra l'altro, l’Hotel Norge, costruito nel 1926 da Americo Montera, le rappresentative calcistiche Postiglionese e Volcei (Buccino), immortalate in occasione di un incontro di calcio che si svolse a Buccino nel luglio del 1962, la fontana “Acqua del cerro”, costruita nel 1855, e alcune festività religiose, tra cui la Festa della Madonna del Carmine e la Festa di S. Elia. Alla presentazione dell'opera interverrà il prof. Rino Mele, dell’Università di Salerno, autore del testo introduttivo intitolato “La montagna nuda”, del quale proponiamo un estratto.
«Questo calendario di Postiglione 2014, come gli altri che l’hanno preceduto, ha il volto girato a ricordare schegge di vita su quegli Alburni, ferite rimarginate e risa. Ancora una volta, attraverso antiche fotografie riscrive le pietre del paese, le strade incurvate nei canali, le pareti che sembrano sipari di un teatro consumato, la foto di gruppo degli scolari, il gioco delle mietitrici che fingono un’allegria come dovesse durare oltre la posa. E la gioia collettiva per la festa di Sant’Elia con l’immancabile suonatore di fisarmonica e, al centro, il postino del paese che – quasi mimasse il sogno di un volo dopo la caduta – sembra chiedere di svelare lo scuro enigma dell’esistenza sciogliendolo da una salvifica risata.
La fotografia che più seduce è del 1926 (da poco uccisi Matteotti e Giovanni Amendola, l’Italia si avviava a una completa fascistizzazione, in superficie, come si fosse addormentata nello specchio), l’immagine rappresenta la salita al castello, una strada pietrosa e impervia, a gradoni sghembi, scoscesi, ingombra di spuntoni rocciosi.


Residenza rurale "L'Incartata".
Residenza rurale "L'Incartata", Calvanico (SA)
Il castello non si vede, ma lo si sente incombere sulla quotidiana pena di quelle pietre cui fanno da testimoni cinque personaggi, due (forse coniugi) fermi come alari di un focolare ai lati opposti della via, quasi a significare una reciproca forte appartenenza mentre, secondo una geometrica figurazione, a metà della salita, di profilo, stringono quella visione un giovane con una camicia chiara e una donna: sulla scala esterna della prima casa sulla destra, una vecchia con curiosa attenzione guarda il fotografo non sapendo che sarebbe arrivato fino a noi quell’inavvertibile attimo della sua nascosta vita.

Partecipano, tutti e cinque, dell’anima più antica del paese, dove non c’è simulazione urbana di spazi in cui fermarsi, piazze, braide, ma solo ciò che resta del rapporto diretto, feudale, tra la montagna e le case. Le pietre del muratore hanno chiesto ospitalità alla roccia, da essa sono state accolte, con essa ancora si confondono vanamente opponendosi, come l’ancora che la radice del mare trattiene dopo un naufragio».

martedì 4 febbraio 2014

Gli approdi ceramici di Clara Garesio

Di Aristide Fiore
Immagini della mostra.
[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, 1 febbraio 2014, p. 16.]
L'armonia fra idea e emozione costituisce il tratto comune delle opere ceramiche di Clara Garesio esposte a Salerno, presso lo showroom Linee Contemporanee, nella personale intitolata "Approdi desiderati", allestita in collaborazione con la Fornace Falcone. Il titolo sembra riassumere il connotato principale della produzione dell'artista torinese trapiantata a Napoli, che consiste in una corrispondenza fra idee e opere, che deriva dalla perfetta padronanza di tecniche e materiali, ma allude certamente anche alla felice ripresa, al volgere del secolo, di un percorso artistico iniziato negli anni Cinquanta, quando vinse il primo premio al XIV Concorso Nazionale della Ceramica di Faenza, che si interruppe all'inizio del decennio successivo, in seguito al matrimonio con lo scultore napoletano Giuseppe Pirozzi, con il quale l'artista ha spesso collaborato. Gli anni del “silenzio”, nei quali il “pianeta Garesio” sembrò attraversare un cono d'ombra, furono in realtà un periodo fecondo. Dedicatasi alla famiglia e all'insegnamento, non trascurò infatti di coltivare quotidianamente il proprio talento, impegnandosi parallelamente in una ricerca continua, tuttora in corso, resa possibile dalla produzione di numerosissimi studi su carta e da un piccolo forno per la ceramica collocato in cucina, come nelle tradizionali case-laboratorio degli artigiani vietresi. Non a caso Enzo Biffi Gentili, direttore del Museo Internazionale delle Arti Applicate di Torino, ha riconosciuto in lei la figura dell'“artiere”, ovvero dell'artigiano-artista. Nel 2006, dopo aver risposto entusiasticamente all'impulso irrefrenabile di dare libero corso alla sua vulcanica creatività, l'artista è stata insignita del Premio alla Carriera del Museo Artistico Industriale “Manuel Cargaleiro” di Vietri sul Mare.
Come sottolinea Erminia Pellecchia nella presentazione della mostra, «dare una definizione al “fare” della Garesio è per fortuna impossibile, giacché si muove al di là di stereotipi o mode. Si abbandona a un impulso, spinta dal bisogno di comunicare il proprio sentire, ora e subito». Formatasi nel corso di un Novecento ormai maturo, resa partecipe delle scoperte dei principali movimenti, a cominciare dalle avanguardie, Garesio sviluppò inizialmente uno stile di impronta modernista, nel quale si individuano molti riferimenti al Mirò e al Picasso ceramisti, dei quali riprese anche le suggestioni etniche, arcaiche o zoomorfe del vasellame, elaborando tuttavia anche motivi nati da ricerche autonome, spesso legati alla natura. È il respiro di tutto un secolo, che si protende dunque su quello successivo, attraverso le realizzazioni più recenti, frutto di una tecnica complessa, che abbina la singolarità delle forme alla resa dei pigmenti. L'accostamento degli smalti, distribuiti in una successione di fasi, conferisce a vasi e terraglie ricavati al tornio o a mano, con la tecnica del colombino, un rilievo che trasporta la pittura vascolare oltre il piano della decorazione, facendone un tutt'uno con la materia scultorea: è proprio sotto questo aspetto, che si individua l'apporto personale dell'artista, il quale peraltro si riverbera anche in ambiti diversi. Lo stesso tipo di approccio le ha permesso infatti di esprimersi efficacemente anche in altri settori, attraverso la realizzazione di monili, tessuti e complementi d'arredo. Affermatasi come disegnatrice, pittrice, decoratrice e scultrice, che predilige senza dubbio la ceramica, Clara Garesio può quindi definirsi a buon titolo un'artista eclettica, sebbene lo sconfinamento verso l'uso di materiali insoliti, quali stoffa, gesso, tela, legno, metallo, vetro eccetera, fino all'utilizzo di materiali di riciclo, non scaturisca mai da scelte casuali o dalla semplice ricerca di novità fine a se stessa, ma sia dettato piuttosto da un'attenta meditazione, volta a individuare il supporto e la tecnica più adatti a ottenere il risultato atteso.

Immagini della mostra.


Quest'ultima personale, che costituisce una valida sintesi dei risultati più recenti, comprende vasi dalle forme slanciate, in molti casi plasmati secondo geometrie complesse, piatti, sfere traslucide, pannelli e piastrelle i cui rilievi assumono spesso configurazioni dinamiche, tegole variopinte dai colori accesi e un affascinante esemplare appartenente alla serie delle “Scatole delle meraviglie”: dei contenitori di ceramica, plasmati come vasi, pentole, scatole o astucci, dai quali traboccano, come da una sorta di “cornucopie postmoderne”, le riproduzioni in porcellana di oggetti, giocattoli, utensili tradizionali, associati liberamente secondo criteri puramente estetici. La mostra sarà visitabile fino al 15 febbraio, 
tutti i giorni tranne lunedì mattina e domenica, dalle 9,00 alle 13,30 e dalle 16,00 alle 20,30

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