martedì 31 dicembre 2013

La Romei e la Siano alla Di Caro

Di Aristide Fiore
Francesca Romei, Untitled I, II, III.
Francesca Romei, Untitled I, II, III.
[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, 27 dicembre 2013, p. 10.]
Proporre «un viaggio alla riscoperta della tradizione con il desiderio di riscattare i prototipi della creatività umana e di rifondare l'immaginario collettivo mediante atmosfere plastiche in cui l'arcaico si fonde con l'attualità», in accordo con le attuali tendenze dell'arte contemporanea: così, in sintesi, Antonello Tolve, curatore di “A very special project about ceramic”, illustra l'obiettivo della doppia personale di Francesca Romei e Mariella Siano, allestita a Salerno presso la Galleria Tiziana Di Caro, in via delle Botteghelle 55, che fino al 22 febbraio 2014 permetterà di ammirare la loro
Francesca Romei, Coastal village.
Francesca Romei, Coastal village.
 produzione più recente.
Entrambe nate a Salerno e reduci da percorsi formativi in Gran Bretagna, Francesca Romei e Mariella Siano hanno in comune anche l'attaccamento al proprio territorio, che si traduce nella rivisitazione di temi e aspetti caratteristici attraverso il linguaggio della ceramica. Concentrandosi nel primo caso su forme e oggetti e nell'altro sull'uso del colore, le due artiste riescono a «indicare una rinnovata coappartenenza di passato e presente», i quali si integrano in tal modo «nell'orizzonte mentale e emotivo della contemporaneità».
Francesca Romei, Vasi comunicanti.
Francesca Romei, Vasi comunicanti.
Francesca Romei, ritornata in Italia dopo un Master in Ceramic Design alla Staffordshire University, si è affrancata dalla produzione seriale e ha preferito dedicarsi a una ricerca formale soggetta a un'evoluzione costante, che si esplicita attraverso varianti costituite dalle decorazioni applicate agli oggetti. L'ancoraggio alla tradizione è reso evidente soprattutto dalla riproposizione di forme, stili decorativi e persino manufatti legati alla cultura e al territorio di origine. La forma dei tre vasi “Senza titolo I, II, III”, mutuata dalle cupole maiolicate della costiera amalfitana, conserva il carattere del modello cui si ispira nonostante la monocromia, il riadattamento della struttura e la necessaria riduzione di scala. Lo stesso accade nel caso di “Coastal Village”, sintesi del tipico borgo costiero amalfitano felicemente rimodulata in un'elegante installazione angolare, mentre i “Vasi comunicanti”, piccole, agili installazioni a parete, nascono da un'idea dissacratoria, che recupera il tema della tradizionale acquasantiera, liberandolo però dalla funzione originaria mediante l'accostamento a fedeli... riproduzioni di tubature, con un palese intento puramente estetico ma non privo d'ironia.
Le "costruzioni verbocromatiche" di Mariella Siano.
Le "costruzioni verbocromatiche" di Mariella Siano.

Mariella Siano, la cui formazione comprende un approfondimento dello studio della tradizione ceramica presso il Central St. Martin di Londra, al suo ritorno a Salerno ha aperto un laboratorio per dedicarsi all'analisi delle forme organiche di origine marina, vegetale, animale, che abbinata alla sperimentazione di variabili cromatiche ha dato origine a uno stile personale ben riconoscibile. Per questa mostra ha deciso di tralasciare i temi abituali per dedicarsi a un lavoro sulla parola, traducendo in installazioni a parete realizzate in ceramica vivacemente colorata alcuni giochi linguistici, ideati da Giovanni Loria sulla base di assonanze grafiche o semantiche. Si tratta di «perturbazioni caotiche (estetiche) della fraseologia» (INFINECONFINEAFFINE; ESSENZASSENZA; UNIVERSOVERSOUNICO), che assumono talvolta l'aspetto di «parafrasie programmate» (SPEZZO LEGAMI PEZZI DI LEGO DA RAMI; UMANI IMPIGLIATI NEGLI AMI. AMI?) o di equazioni di parole (IDEALI = IDEECONLEALI) e riescono a determinare fecondi cortocircuiti, generatori di nuovi significati. L'apporto della ceramista si focalizza sulle lettere alfabetiche, unità minime di senso impreziosite dagli smalti, che ne accentuano la presenza dando luogo a eleganti «costruzioni verbocromatiche».
La mostra è visitabile dal martedì al sabato, ore 15.00-20.00, o su appuntamento.

Buon Natale al Catalogo con le sue firme

Di Aristide Fiore
Alcuni quadri esposti.
[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, 24 dicembre 2013, p. 10.]
Il paesaggio è un tema ricorrente nell’arte visiva fin dall'epoca ellenistico-romana, che tuttavia pervenne alla dignità di genere autonomo solo con l'arte rinascimentale. A esso è dedicata quest'anno la tradizionale collettiva natalizia con la quale la galleria "Il Catalogo" di Lelio Schiavone e Antonio Adiletta celebra i suoi autori più importanti. "Declinazione del paesaggio", questo il titolo della mostra inaugurata nello storico spazio di via A.M. De Luca 14, è dunque una rassegna che permette di apprezzare come uno stesso soggetto sia stato interpretato da alcuni maestri del Novecento e da affermati esponenti delle nuove generazioni, accomunati dall'intento di sceglierlo come tramite delle proprie esperienze, emozioni e aspirazioni e, in definitiva, come espressione della propria soggettività più intima.
Ai luminosi scorci paesaggistici delle chine su carta di Mario Carotenuto (“Angri”, 1971; “Altavilla”, 1979 e 1996; due vedute di Picerno, entrambe del 1972), preziose testimonianze di un rapporto ancora equilibrato fra uomo e natura, fa da controcanto l'immancabile riferimento allo scenario urbano contemporaneo, esemplificato da una varietà di spunti mediante la quale si passa dai margini ancora semirurali delle grandi città, nella rappresentazione carica di nostalgia di Nazzareno Cugurra (“Roma, Scorcio del Viale Cortina d’Ampezzo”, 1970, olio su tela) all'anonima “Periferia” di Folco Chiti Batelli (1977, olio su tela), che sembra custodire ma anche imprigionare le speranze dei suoi abitanti, fino all'impatto con la visione di una metropoli al tempo stesso fredda e monumentale, che nell'interpretazione di Giovanni Tesauro (“Lower east side”, 2011, olio su tela) è modulata attraverso una minuziosa scansione di toni di grigio.
L'irrinunciabile omaggio al paesaggio marino attraversa un'ampia varietà di registri: dalla vivida scena di Graziana Pentich (“Marina”, 1966, olio su tela) alla spensierata atmosfera permeata da reminiscenze fauviste nella “Marina” di Enrico Paulucci (1970, acquerello su carta); dalla dolcemente malinconica baia rischiarata dall'alba di Amedeo Ternullo (“Marina”, 2012, olio su tela), al crepuscolo di Virginio Quarta (“Barche”, 2012, olio su tela), senza tralasciare le vedute della distesa marina in relazione con panorami rocciosi e insediamenti abitativi perfettamente integrati fra loro, come nell'Isola di Ponza vista da Carlo Quaglia (1961, olio su tela), o con la mole maestosa di monumenti che si specchiano sull'acqua, come “La Salute” di Renato Borsato (1990, olio su tela).
Alcuni quadri esposti.
La dimensione mentale del paesaggio, protesa oltre l’imitazione e la raffigurazione, già accennata nelle vedute tendenti all'astrazione, più suggerite che mostrate, di Sergio Scatizzi (“Paesaggio”, 1990, olio su tavola), «la cui pittura crea natura nell'atto di idearla» (Gatto), si manifesta distintamente nei paesaggi interiori dei quattro oli su tavola di Eliana Petrizzi (“Passaggio”, 2012, “Interno”, 2012, “La notte”, 2011, “L'Alba”, 2012), che se da un lato affidano alla monocromia l'affermazione del loro affrancamento dalla dimensione fisica, dall'altro si caricano di vigore passionale grazie all'intensa gamma dei rossi. Il limite estremo di questa tendenza a restituire sensazioni percepite dallo “sguardo della mente” è ben rappresentato dalle tecniche miste su tela di Paolo Bini (“Gocce di pioggia”, 2009, e “Luogo n° 20”, 2008), nelle quali il riferimento alla realtà e alla dimensione spaziale è indice di una totale interiorizzazione del paesaggio.

L'esposizione resterà aperta al pubblico fino al 6 gennaio 2014, dal martedì al sabato (ore 10,30 – 12,30; 17,30 – 20,00).

martedì 24 dicembre 2013

Franco Longo in 45 centimetri

Di Aristide Fiore
Manifesto della mostra.
[Pubblicato su Le cronache del salernitano, 22 dicembre 2013, p. 16.]
A cavallo fra il vecchio e il nuovo anno, il panorama artistico salernitano sarà arricchito da un importante evento dedicato alla ceramica d'autore. Venerdì 20 dicembre 2013, alle ore 19.00 presso i locali di “Linee Contemporanee” - arredamento e progettazione d'interni, in Via Parmenide 39, la mostra “45 Ceramiche da 45 cm del maestro Franco Longo” è stata inaugurata alla presenza dell'artista. L'allestimento comprende quarantacinque piatti di ceramica del diametro di 45 cm, tutti esemplari unici autografati, realizzati nell'arco del 2013 presso la Fornace Falcone di Montecorvino Rovella (SA), che costituisce un punto di riferimento per i maggiori artisti contemporanei, oltre che per tutti gli artisti locali, e ha giocato un ruolo fondamentale nell'esperienza ormai cinquantennale di manipolatore d'argilla di Longo. Nel corso della sua lunga e prestigiosa carriera, egli ha attraversato tutti i campi dell'arte, dalla pittura alla scultura, dall'arte concettuale alla video-art, riscuotendo consensi sia in Italia sia all'estero. Sensibile al fascino dell'arte ceramica, non ha mai cessato di esplorare le infinite possibilità offerte da questa tecnica antica, che si configura come efficace metafora del cosmo, essendo basata sulla combinazione di elementi semplici: l'acqua (essenziale alla diluizione degli smalti), il fuoco (che nella fornace supera i mille gradi) e la terra (l'argilla che si trasforma in terracotta). Confermando l'approccio tipico dei suoi celebri lavori, che traggono forza da sovrapposizioni e contrasti di colori, in questa occasione rende omaggio alla materia, includendo nelle sue creazioni vetri, sabbia, rame, ferro e smalti che riproducono l'effetto dei metalli preziosi come oro, argento e platino.

Franco Longo dipinge un piatto.
La mostra di Franco Longo rientra nel progetto “45 ceramiche da 45 cm”, giunto ormai alla VII edizione, che costituisce una delle tante iniziative che testimoniano il costante impegno della Fornace Falcone per la divulgazione dell'arte. È promossa e sostenuta da istituzioni quali la Provincia di Salerno, il Comune di Salerno, la Camera di Commercio di Salerno, l'EPT di Salerno, l'Azienda Autonoma Soggiorno e Turismo di Salerno e il GAL Colline Salernitane. Sarà possibile visitarla dal fino all'11 gennaio 2014, tutti i giorni dalle ore 9.00 alle 20.00. Il catalogo, curato dallo Studio di Design Calocero, contiene un testo critico di Rino Mele, che in più occasioni si è occupato dell'artista e le fotografie delle opere di Michele Calocero.

giovedì 19 dicembre 2013

Taglio del nastro per DanniDiDonne

Di Aristide Fiore
Vincenzo Maraio, Olga Marciano, Giuseppe Gorga e Annalisa Santamaria.
Vincenzo Maraio, Olga Marciano, Giuseppe Gorga e Annalisa Santamaria.
(Foto: A. Fiore)

[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, 19 dicembre 2013, p. 16.]
Dieci tele, dieci donne, dieci storie vere. Questi, in sintesi, gli elementi di “DanniDiDonne – Una, nessuna e centomila”, il nuovo progetto di Olga Marciano curato da salernoinarte.it, un evento che avrà luogo alle 20.00 di domani a Salerno, nel salone dell'Archivio dell'Architettura Contemporanea (ex Museo del Falso), in Via S. Benedetto. Sarà un'occasione per proporre una nuova forma di fruizione dell'arte, attraverso un “percorso emozionale” che si estende oltre il quadro, ma proprio per questo consente un maggiore coinvolgimento dell'osservatore e gli permette di introiettarne il senso. «La “talking and sensory paint”» spiega la pittrice «instaura uno sviluppo narrativo e sensoriale tra l'osservatore ed il soggetto raffigurato nell'opera, un'opera che “si racconta” e parla di sé». Si tratta di una formula già sperimentata con grande successo di critica e pubblico nel 2012, con la personale intitolata “Io sono – talking and sensory paint”, la prima mostra sensoriale con quadri parlanti realizzata in Italia. Vista la grande rilevanza sociale del tema di quest'ultima mostra, la violenza sulle donne vista attraverso una serie di storie emblematiche realmente accadute, si rende ancora più necessario il ricorso a una narrazione che permetta di inquadrare il contesto di ciascun episodio e di immedesimarsi nelle protagoniste, il cui vissuto è stato ricostruito grazie a un'attività di ricerca che si è estesa al di là del fatto di cronaca in sé. Quadri, installazioni e testi daranno corpo a storie intense, in alcuni casi persino macabre, che potranno essere rivissute, per quanto possibile, grazie a una sinergia di talenti: i visitatori, ai quali si raccomanda la puntualità, saranno guidati da Enzo Landolfi, al quale sarà riservato il compito di presentare le storie che hanno ispirato i dipinti, mentre Cinzia Ugatti, Carmen Santamaria, Laura Mammone, Caterina Micoloni e Vicente Barra interpreteranno i testi di Annalisa Santamaria, il cui ultimo romanzo, “Trasparenze”, sarà presentato sabato 21 dicembre alle 19.30, nella stessa sede, da Enzo Landolfi, che ne parlerà con l'autrice, Santa Rossi e Olga Marciano. Anche i testi redatti per “DanniDiDonne” sono stati raccolti in un volume in corso di stampa.

Secondo Landolfi, la possibilità di fruire di eventi come questo, che uniscono arte, racconto e teatro, e proiettano perciò la nostra città in un contesto culturale di livello internazionale, si deve alla lungimiranza dell'amministrazione comunale, e in particolar modo alla sensibilità dell'Assessore al Turismo del Comune di Salerno, Avv. Vincenzo Maraio, che interverrà anche nella serata inaugurale e in occasione della presentazione di questo progetto ha sottolineato l'importanza di iniziative di questo tipo per l'ampliamento dell'offerta turistica della città, che anche in virtù di ciò sta attirando flussi turistici crescenti. Allestita in contemporanea con “Luci d'artista”, quest'esposizione rientra nel programma di eventi che culmineranno con l'inaugurazione della prima Biennale d'arte contemporanea di Salerno, che si terrà nel mese di ottobre del 2014. Sarà visitabile fino al 25 dicembre 2013, tutti i giorni dalle 11.00 alle 13.00 e dalle 17.30 alle 20.30. Successivamente le dieci opere di Olga Marciano saranno esposte in esclusiva presso Carpinelli Home – Fare Contract, in Corso Vittorio Emanuele 176, a Salerno.

sabato 14 dicembre 2013

Il segno di Ernesto Terlizzi si realizza a Tel Aviv

Di Aristide Fiore
Invito.
[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, 13 dicembre 2013, p. 10.]
Ernesto Terlizzi è uno dei trentasei artisti contemporanei italiani che espongono le proprie opere al Beit Ha'ir Museum di Tel Aviv dal 17 ottobre 2013 al 16 gennaio 2014, in una mostra dedicata al libro d'arte e d'artista organizzata dallo Studio S – Arte Contemporanea di Roma per l’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv, nel contesto della XIII Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, con il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia in Israele e sotto l’Alto Patrocinio del Presidente della Repubblica. Alle opere contemporanee è affiancato l'Ebdomero di Giorgio De Chirico (1888-1978), un capolavoro della letteratura italiana del Novecento che proietta il lettore nell'universo del padre della pittura metafisica, il movimento al quale si ispirarono inizialmente anche i surrealisti. Non a caso questo romanzo autobiografico, apparso per la prima volta in Francia nel 1929 senza illustrazioni, fu definito da Jean Cocteau “il più importante testo letterario del mondo surrealista”. Si tratta dunque di una pregevole testimonianza dell'uso del libro come canale di diffusione della letteratura, il quale pertanto soddisfa perfettamente le finalità della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, che dal 2001 viene celebrata ogni anno nella terza settimana di ottobre dalle Ambasciate, dai Consolati e dagli Istituti Italiani di Cultura all’estero per promuovere la conoscenza dei valori civili, storici e culturali espressi attraverso la nostra lingua nazionale. La stessa opera, presente in mostra nell'edizione del 1972, pubblicata da Carlo Bestetti Edizioni d’Arte in Roma, con testo tradotto dall’originale francese dall’autore stesso e le ventitré litografie che realizzò espressamente per quest'opera, insieme ai trentasei libri d’artista, rappresenta efficacemente anche l'altro aspetto del libro che l'esposizione intende sottolineare, ovvero il suo ruolo di oggetto/soggetto d’arte, testimone dell'evoluzione dei linguaggi espressivi dal XX secolo ai giorni nostri. Queste “opere d’arte in forma di libro”, secondo la felice definizione di Loredana Rea, tutte firmate da artisti contemporanei, alcune delle quali appositamente commissionate a esponenti di generazioni e tendenze diverse, sono dedicate a un soggetto specifico: il libro stesso. Realizzate non soltanto con materiale cartaceo, ma anche con i mezzi più svariati, insoliti e eterogenei, dalla creta al gesso, dalla paglia al tessuto e così via, costituiscono una sfida alla creatività e spaziano dal dramma al passatempo, dalla ricerca estetica al concettuale, dal minimalismo al kitsch, dall’impegno politico e sociale all’ecologia, dal testo letterario all’installazione. Nel perseguire il proprio scopo, gli autori si sono avvalsi di tutti i mezzi di riproduzione, dalle più raffinate tecniche incisorie alla fotografia, fino alla sperimentazione col computer.

Ernesto Terlizzi - Libro d'artista.
Ernesto Terlizzi - Libro d'artista.
Le visioni che si susseguono nel libro di Terlizzi, una vera e propria rassegna in miniatura dell'originale linguaggio formulato dall'artista, concorrono a esaltare le potenzialità tattili e percettive di questo medium attraverso la loro superficie ruvida e la combinazione suggestiva di segni grafici, intagli, inserti polimaterici che richiamano, con la loro schietta presenza, la concretezza di idee e riferimenti dei quali, fin dalle origini, il libro è stato ed è tuttora veicolo. Il dialogo tra segno e materia, modulato dall'equilibrio calibrato della composizione, allude a un senso ultimo, che risiede al tempo stesso dentro e oltre la pagina.

domenica 8 dicembre 2013

L'Amigdala nell'immaginario di Arianna Catania

Di Aristide Fiore
[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, 3 dicembre 2013, p. 9.]
L'amigdala (mandorla In latino) è
una parte del cervello che gestisce le emozioni presenti e passate. Da qui l'idea di assumerla come ideale tratto d'unione della personale di Arianna Catania, presso la sede dell'associazione culturale Art.Tre. Le immagini della fotografa siciliana costituiscono infatti altrettanti snodi intercambiabili di un flusso di emozioni suscitate dalla contemplazione delle ferrovie abbandonate della terra natia, assunte come metafora della vita, sospesa com'è tra attaccamento al passato, alle proprie radici, e attrazione per un altrove immaginario, proiettato nel futuro.
Nascono da queste premesse l'impulso a cercare segni di vita in oggetti e luoghi dimenticati, individuandola in fiori e arbusti cresciuti su binari morti, e il tentativo di ravvivare stazioni deserte e campi desolati percorsi da strade ferrate con grappoli di palloncini rossi o con altri materiali di identico colore, in un gioco al quale a volte prende parte la stessa autrice, colta in pose che esprimono un senso di attesa o lo slancio della partenza, contrapposto alla stasi della linea ferroviaria dismessa, che tuttavia non va confusa con la stabilità.
Lo dimostra, con la forza lapidaria di un rebus, un polittico con tre vagoni e una casetta in posizioni sbilenche, accomunati da un senso di precarietà.
In altri scatti viene posto l'accento sull'assenza, fino a assumere come surrogato della figura umana le leve di uno scambio, su una delle quali è poggiato un cappello da capostazione. La memoria della vita che animava quei luoghi di transito ne permea ancora l'atmosfera. Così una galleria senza più rotaie, un tratto di binario semisepolto nel terreno brullo, toilette, sale d'aspetto e altri locali di servizio di stazioni deserte diventano lo scenario ideale per un gioco di contrasti mediante il quale ritrovare la gioia dell'originario legame con la terra: una sedia posta sui binari davanti a una stazione contraddice qualsiasi idea di movimento; un tronco poggiato di traverso sulle rotaie, che costringerebbe un treno vero a fermarsi, viene invece scavalcato da una locomotiva giocattolo; un cumulo di macerie sormontato da una valigia rossa davanti a un vecchio edificio allude a una speranza di riscatto.

mercoledì 4 dicembre 2013

La personale di Damiano Durante a Palazzo Genovesi

Di Aristide Fiore
The Last Words.
The Last Words.
[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, 02-12-2013, p. 13.]
La mostra personale di Damiano Durante a cura di Marco Alfano, ospitata nelle scuderie di Palazzo Genovese, presenta una scelta di dipinti a olio su tela in stile iperrealista, incentrata su un'opera di grande formato, “The Last Words”: un Cristo morente a grandezza quasi naturale su una croce di luce; un'immagine potente che evoca con immediatezza le ultime parole con le quali si conclude la Passione e che vuole alludere al ruolo della pittura nel panorama artistico contemporaneo. È la riproposizione “inattuale” di una tecnica antica, tramite la quale Durante si riserva “l'ultima parola” in un'ideale polemica con un fare arte che troppo spesso si basa esclusivamente sulla provocazione fine a se stessa. Che si tratti di un'opera simbolica, più che religiosa, lo si deduce dall'aspetto della figura, delineata con estrema precisione e naturalezza, dalla quale non traspare alcun indizio di trascendenza. A una società che nel complesso tende a escludere il divino dal proprio orizzonte si offre l'immagine disarmante del corpo nell'atto finale della sua esistenza, simbolo di una bellezza effimera e tuttavia, in qualche modo, immortale. Ed è sempre il corpo, che in molte delle nature morte esposte in questo allestimento dialoga con gli oggetti attraverso contrasti o assonanze fra forme o colori, in composizioni formulate a partire dalla fotografia, ma tendenti all'astrazione, dove la vera protagonista è la luce, che, giocando con le superfici naturali e artificiali, crea un'atmosfera magica, raccolta. Dal calore sensuale della carne illuminata da candele o raggi di sole, al riverbero di luci fredde in vetri e liquidi variamente colorati, la nettezza del tocco di Durante si manifesta in una varietà di registri che danno luogo a combinazioni sempre sorprendenti. Nelle opere che pongono in relazione grandi fiori e sessi maschili o femminili, dissimulati attraverso il gioco di riflessi e trasparenze di portafiori di vetro, Alfano ravvisa l'eco di certe opere di Mapplethorpe: riconoscein esse un retaggio dei sui soggiorni negli Stati Uniti: una componente non marginale del percorso dell'artista, che questa esposizione intende illustrare, caratterizzandosi come summa di tutta la sua opera.

lunedì 2 dicembre 2013

La commedia di Mino Maccari al "Catalogo"

Di Aristide Fiore
La commedia sul ponte - 1951.
La commedia sul ponte - 1951.
[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, 2 dicembre 2013, p. 13.]
Con la mostra "Mino Maccari – La Commedia nell'Arte", aperta al pubblico fino a sabato 30 novembre 2013, la galleria “Il Catalogo“ di Lelio Schiavone e Antonio Adiletta ha inaugurato la sua 46ª stagione espositiva, proponendo oltre trenta opere, tra rari e inediti, del grande pittore, incisore e illustratore senese. Per celebrare la lunga collaborazione dell'artista con la galleria salernitana di via De Luca, è stata presentata una selezione tratta dalle opere che esposte la scorsa estate nel Palazzo Mediceo di Seravezza, che rappresentano la sua produzione artistica compresa tra il 1920 e il 1978.
Crepuscolo dell'astrattismo - 1964.
Crepuscolo dell'astrattismo - 1964.
Unendo all'attività artistica anche quella letteraria, come scrittore e giornalista, Maccari (1898-1989) è stato uno degli esponenti più importanti della cultura italiana del Novecento. I suoi primi tentativi di pittura e incisione risalgono al 1920 e lo portarono al debutto con il Gruppo Labronico. Nel 1924 divenne illustratore per la rivista Il Selvaggio (1924-1943), organo del movimento letterario di Strapaese, che dal punto di vista grafico si rifaceva alla tradizione satirica dell'Ottocento francese (Daumier e altri): le xilografie e le incisioni di Maccari erano accompagnate da didascalie umoristiche.
Personaggi - 1965-70.
Personaggi - 1965-70.
Patriottismo e valorizzazione del territorio nazionale e delle tradizioni culturali si sposavano dunque con la graffiante satira sociale di Maccari, che dalla linearità del tratto e dall'immediatezza popolare, caratteristiche degli esordi, passò ben presto a un segno inquieto, aspro, di sapore espressionista, che riproponeva in un'inconfondibile interpretazione personale alcuni spunti tematici tratti da artisti come Grosz e Ensor e certe suggestioni figurative mutuate dal cinema di Stroheim: sono questi gli elementi fondamentali dello stile di Maccari, che in pittura si arricchisce di toni cromatici violenti, perfezionando l'esito spesso grottesco dell'opera grafica. È nata così la sterminata rassegna di tipi umani che costituisce l'intera opera dell'artista toscano: soldati, uomini d'affari, avvocati, preti, uomini qualunque e soprattutto donnine, tutti gli interpreti del teatro del mondo, animato da contrasti insanabili.

Cavalcata - 1938.
Cavalcata - 1938.
L'ostentazione dell'eccesso, il carattere liberatorio di una figurazione che sembra rasentare l'oscenità nasconde in realtà una vena malinconica: l'irrisione feroce di una società corrotta e corruttibile, irrimediabilmente sfigurata dal vizio e dal malcostume, rivela pur sempre un'umanità dolente, che reagisce come può alle proprie frustrazioni e inquietudini e quindi merita uno sguardo profondo, non privo di una certa empatia. Del resto anche le pagine de Il Selvaggio, sebbene ostentassero uno spirito canzonatorio, beffardo, si ispiravano a riferimenti culturali attualissimi, che si rivelarono soprattutto a partire dal 1926, quando l'artista ne assunse la direzione, affrancando il periodico dalla politica e rimarcandone il carattere artistico-letterario, secondo una linea che sviluppò anche attraverso la collaborazione ad altri importanti riviste, come “L’Italiano”, “Omnibus” e, dopo la guerra, “Il Mondo”.

sabato 23 novembre 2013

La faglia della morte: Marzano, Carpineta e Cervialto

Di Aristide Fiore
La traccia del  terremoto dell'Irpinia del 1980 registrata dal sismografo.
La traccia del  terremoto dell'Irpinia del 1980
registrata dal sismografo.
[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, sabato 23 novembre 2013, p. 17.]
Alle 19,34 di domenica 23 novembre 1980 una forte scossa, durata circa 90 secondi, colpì la Campania centrale e la Basilicata centro-settentrionale. Il sisma, con epicentro situato tra i comuni di Teora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania, aveva una magnitudo di 6,8 gradi Richter e causò circa 280.000 sfollati, 8.848 feriti e 2.914 morti. Nel complesso, fu interessata un'area 17.000 mq, estesa dall'Irpinia al Vulture, fra le province di Avellino (103 comuni), Potenza (45) e Salerno (66). I comuni più colpiti, in alcuni casi pressoché distrutti, come nel caso di Sant'Angelo dei Lombardi, furono quelli di Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Laviano, Lioni, Senerchia, Calabritto e Santomenna. Fra i numerosi episodi tragici connessi all'evento, destò particolare emozione il crollo della chiesa di S. Maria Assunta a Balvano, nel potentino, avvenuto durante la messa serale. Gli effetti del terremoto si manifestarono tuttavia in un'area molto più vasta, corrispondente grosso modo al centro-sud della penisola, e coinvolsero circa sei milioni di abitanti. Molte lesioni e crolli si ebbero anche a Napoli e in altre province campane.
La reale gravità del sisma non venne valutata subito, a causa dell'interruzione totale delle telecomunicazioni. Soltanto le ricognizioni aeree effettuate la mattina seguente permisero una stima preliminare. Alle stesse autorità occosero diversi giorni per effettuare il computo delle vittime e dei danni.
Secondo l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) il movimento tellurico fu provocato da tre distinti fenomeni di rottura, che si verificarono, in rapida successione, lungo differenti segmenti di faglia (frattura della crosta terrestre, caratterizzata dallo spostamento reciproco delle due parti separate), situati sotto i monti Marzano, Carpineta e Cervialto. Il conseguente spostamento delle superfici della faglia determinò la formazione di una scarpata osservabile per circa 35 chilometri. Ulteriori studi hanno dimostrato che quella stessa faglia ha già generato altri terremoti della stessa entità di quello del 1980, all'incirca ogni 2000 anni.
Gli effetti della scossa, corrispondenti, nelle zone più colpite, al decimo grado della scala Mercalli, furono aggravati dal cattivo stato del parco edilizio e dal ritardo dei soccorsi, ostacolati dal cattivo stato delle infrastrutture e non ancora coordinati da un'apposita organizzazione, come la Protezione Civile, che sarebbe stata istituita in seguito. I primi aiuti alle popolazioni colpite furono dovuti in molti casi all'iniziativa spontanea di moltissimi volontari che si lanciarono in un'eroica gara di solidarietà, spesso privi di mezzi quasi come coloro che intendevano soccorrere. Si potè contare anche su molti aiuti internazionali, sia economici sia logistici, provenienti soprattutto da Stati Uniti e Repubblica Federale Tedesca. Ciononostante la ricostruzione fu, nel complesso, lentissima e divenne spesso un pretesto per speculazioni, basate soprattutto su un ipotetico rilancio industriale in aree inidonee, e elargizioni ingiustificate di fondi pubblici. La sistemazione dei senzatetto in alloggi prefabbricati fu completata nel giro di alcuni mesi, con tempi oggi impensabili, e per molti la definitiva assegnanzione di alloggi in muratura comportò un'attesa pluridecennale, come nel caso del famoso “Villaggio dei puffi”, l'emblematico agglomerato di prefabbricati pesanti situato nella zona orientale di Salerno, in via Marchiafava, che fu smantellato soltanto nel dicembre del 2003, dopo essere entrato di diritto nella memoria collettiva.
Il danno economico derivato dalla catastrofe fu ingentissimo: secondo una recente stima del giornalista Sergio Rizzo, attualizzata al 2010, il loro ammontare supererebbe i 66 miliardi di euro. Agli ingenti danni al patrimonio edilizio si aggiunse la scomparsa di una notevole quantità di attività produttive, con la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro.

Anche il mondo dell'educazione e della cultura riportò notevoli ferite: per quanto riguarda la città di Salerno, basti pensare alla notevole riduzione del numero di aule scolastiche, dovuta sia all'inagibilità degli edifici scolastici sia all'occupazione degli stessi da parte di alcune famiglie sfollate. La chiusura del Teatro Giuseppe Verdi, gravemente dannegiato, si protrasse per circa quattordici anni, fino all'inaugurazione del 1994, in occasione della quale si tenne un concerto dei Solisti Veneti che, unitamente alle celebrazioni del cinquantenario di "Salerno Capitale d'Italia", simboleggiò la rinascita della città e del suo retroterra.

venerdì 22 novembre 2013

L'Era Glaciale. Innesti... Maestosi

Di Aristide Fiore
"Innesti - L'uomo che verrà".
"Innesti - L'uomo che verrà".
[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, mercoledì 20 novembre 2013, p. 16.]
Fino all'8 dicembre 2013, la Pinacoteca provinciale di Salerno ospiterà la personale di Danilo Maestosi intitolata “L’era glaciale. Innesti”, a cura di Alfio Borghese ed Erminia Pellecchia. Organizzata dall’associazione “Amici dei Musei”, presieduta da Vincenzo Monda, la mostra, che consta di venticinque dipinti recenti, tutti oli su tavola, è stata realizzata con il patrocinio della Provincia di Salerno-Assessorato ai beni culturali e al patrimonio e la disponibilità della Direzione dei musei e biblioteche provinciali, ed è stata concepita sia come riproposizione del ciclo presentato la scorsa estate al Palazzo delle Arti di Frosinone sia come anteprima dell’allestimento previsto al Vittoriano di Roma, la prossima primavera.
In queste opere si avverte il fremito di forme ansiose di liberarsi dalla gelida stasi di uno sfondo bianco: un “colore di gestazione”, che conserva il carattere dello stadio indefinito che precede ogni creazione; il colore dell'era glaciale, secondo Kandinsky, prigione e culla di forme. Le ere glaciali, a modo loro, sono state feconde. Hanno unito i continenti e permesso di colonizzare nuove terre: innesti di popoli, che hanno dato origine a nuove civiltà. Maestosi ha esplorato la distesa glaciale, ne ha scrutato la trasparenza, ha individuato i segni di vite passate che vi si celavano e, a partire da questi, procedendo appunto per “innesti”, ha ricostruito storie e risorse interiori destinate ad accompagnare “L'uomo che verrà” (il titolo emblematico di uno dei dipinti), al quale spetterà il compito di ricominciare quando il ghiaccio si sarà sciolto. Si tratta di un'eredità spirituale, veicolata tramite un messaggio di speranza che si propaga attraverso le vibrazioni ora sommesse ora potenti di colori vivaci, rese addirittura tangibili da tagli, sovrapposizioni, vergature che rivelano un uso sapiente, accuratamente calibrato, della spatola.

Gli innesti richiedono tagli netti, che fendono i tessuti con decisione senza tuttavia risultare letali, ma determinando l'avvento di una nuova vita. Allo stesso modo l'artista ha voluto reagire alla perdita di riferimenti che caratterizza l'odierna società, della quale spesso anche l'arte si è resa complice, arroccandosi in molti casi dietro l'autoreferenzialità. Rompendo con la luce e il colore la lastra di ghiaccio che separa la memoria dalla contemporaneità, Maestosi ha approfittato dell'“Autunno per imparare a volare” (altro titolo altamente evocativo) e ha riscoperto la capacità di stupirsi, di interrogarsi, di cercare possibili risposte che siano utili a costruire il nuovo.

mercoledì 13 novembre 2013

Il gruppo speleologico salernitano nell'underground del ravennate

di Aristide Fiore

Il logo della manifestazione.
[Pubblicato su Le Cronache del Salernitano, venerdi 8 novembre 2013, p. 9.]

Una rappresentanza del Gruppo Speleologico CAI Salerno ha partecipato all'Incontro Internazionale di Speleologia “Casola 2013Underground”, che si è svolto dal 30 ottobre al 3 novembre 2013 a Casola Valsenio, in provincia di Ravenna.

La speleologia, ovvero l'esplorazione di cavità naturali e artificiali, è un'attività nel contempo sportiva e culturale, che in Italia è praticata da circa 5.000 persone e abbraccia diversi campi del sapere. Gli speleologi, definibili essenzialmente come geografi del sottosuolo, ampliano spesso il loro raggio d'azione offrendo la propria collaborazione a ricercatori o enti preposti al governo e alla tutela del territorio, oppure proponendo iniziative didattiche e divulgative rivolte a un pubblico generico, a scuole e ad altre organizzazioni educative, come i gruppi scout e i gruppi di alpinismo giovanile del CAI.

Fondato nel 1989, nella sezione del Club Alpino Italiano di Salerno, il G.S.CAI SA è attivo soprattutto nella provincia di appartenenza, ricchissima di fenomeni carsici sia profondi sia superficiali. Fra i traguardi più significativi vale la pena ricordare le esplorazioni condotte nella Grotta dello Scalandrone (Giffoni Valle Piana) col Gruppo Speleologico CAI Napoli, nella Grotta Vado a Bracigliano, nelle Miniere di ittiolo di Giffoni Valle Piana e nella Miniera di lignite presso Acerno. Il Gruppo si è reso anche protagonista di interventi di bonifica ambientale, come il recupero di rifiuti nell'Inghiottitoio del Bussento, presso Caselle in Pittari, anch'esso effettuato in collaborazione col G.S. CAI Napoli. Ha inoltre contribuito alla diffusione della pratica speleologica nel nostro territorio, mediante l'organizzazione di ventitrè corsi di introduzione alla speleologia e molti dei suoi componenti si sono avvicendati nel Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico del CAI.

Ciro Bello (seduto su un masso)
 dopo l'escursione nell'Abisso Garibaldi.
La delegazione salernitana partita alla volta di Casola Valsenio era composta da Ciro Bello, Serena Bloise, Luca Campanile, Francesco Cosentini, Aristide Fiore, Rossana Graziano, Antonia Landi, Mario Petrosino, Sergio Santomauro e Vincenzo Sessa.

L'obiettivo principale della manifestazione, che quest'anno ha annoverato 3.539 partecipanti, molti dei quali provenienti da altri paesi europei, era la rappresentazione del mondo sotterraneo come parte integrante, sebbene meno visibile, del territorio. Basti pensare che quasi il 60% dell'acqua che utilizziamo o beviamo proviene da acquiferi carsici.

Gli speleologi salernitani hanno assistito alla presentazione di innovazioni tecniche e nuove scoperte. Alcuni di essi hanno partecipato a escursioni guidate nelle grotte della Vena del Gesso romagnola, un'importante area carsica dell'Appennino faentino: Ciro Bello si è cimentato nella discesa nell'Abisso Garibaldi, mentre Bloise, Fiore e
Bloise, Fiore & Petrosino: sosta al Collettor
e nell'Inghiottitoio a ovest di Ca' Siepe.
Petrosino hanno effettuato una traversata di circa 900 metri nel sistema dell'Inghiottitoio Ca' Siepe. Entrambe le grotte sono considerate molto impegnative, essendo costituite essenzialmente da cunicoli piuttosto stretti alternati a pozzi.
Il G.S. CAI SA aveva già operato nei gessi nel 1991, in occasione di una campagna esplorativa presso Agrigento. Non avendo coinvolto tuttavia le stesse persone, le visite alle grotte casolane, così diverse da quelle nostrane, formatesi nei calcari e caratterizzate in genere da uno sviluppo prevalentemente verticale e volumi più ampi, si possono ugualmente considerare una novità nell'attività del sodalizio campano.

sabato 21 settembre 2013

Il lungo cammino del gabelliere

Di Aristide Fiore

Caravaggio: "Vocazione di San Matteo".
Caravaggio: "Vocazione di San Matteo".
[Pubblicato su “Speciale San Matteo”, allegato a Le Cronache del salernitano, sabato 21 settembre 2013, p. 3.]
La storia di San Matteo è incentrata sul cambiamento: il pensiero corre prima di tutto al cambiamento di vita, sottolineato dal cambiamento del nome, del pubblicano Levi, che lasciò ogni cosa per seguire Gesù, ma anche al racconto delle alterne vicende che caratterizzarono gli spostamenti delle sue reliquie, il cui itinerario è scandito da eventi miracolosi, o almeno ritenuti tali.
Secondo la tradizione, le sacre spoglie, a trecento anni dalla morte, furono trasportate dalla cosiddetta “Etiopia”, cioè da qualche regione imprecisata del Medio Oriente legata all'apostolato e al martirio del Santo (69 d.C.), fino in Bretagna, dove hanno lasciato tracce nella toponomastica e nella denominazione di edifici religiosi. Basti
L'abbazia di Saint-Mathieu e l'omonimo faro.
L'abbazia di Saint-Mathieu e l'omonimo faro.
pensare alla Pointe de St-Mathieu, estremo lembo occidentale della Francia, chiamata così per ricordare lo scampato naufragio della nave con la quale alcuni mercanti bretoni trasportavano le reliquie; o all'abbazia di Saint-Mathieu de Fine-Terre, le cui rovine risalgono al XII secolo, che però, secondo la tradizione, sarebbe stata costruita nel VI secolo in onore di San Matteo, nel luogo in cui si riteneva fosse stato murato il suo cranio. Nel V secolo tuttavia il comandante romano Gavinio, originario di Velia, impossessatosi del corpo del Santo, lo portò con sé al suo ritorno in patria (la discordanza tra versione bretone e versione latina della leggenda è tuttora irrisolta). L'abbandono di quelle contrade, dovuto a
Rovine di Velia (Elea): Porta Rosa.
Rovine di Velia (Elea): Porta Rosa.
continue incursioni piratesche e al degrado del territorio, causò la perdita della memoria di luoghi e avvenimenti, fino al 954 d.C., quando, secondo la tradizione, il Santo Apostolo apparve in sogno a Pelagia, una donna che abitava nella piana di Velia, e le indicò il luogo in cui era stato sepolto il suo corpo. Il ritrovamento fra le rovine di Velia è attribuito al figlio monaco di costei, Atanasio, il cui proposito iniziale fu di intraprendere una sorta di tourné religiosa con le reliquie del Santo, attività particolarmente redditizia diffusa a quell'epoca. Imbarcatosi, fu respinto due volte da tempeste, che lo indussero a rinunciare al suo proposito. Fu così che per la nuova sepoltura del Santo scelse una chiesa dedicata alla Santa Genitrice Vergine
Capaccio (SA): Santuario della Madonna del Granato.
Capaccio (SA): Santuario della Madonna del Granato.
Maria, in una località detta “ad duo flumina”, presso la confluenza fra l'Alento e il Fiumarello, nel territorio di Casalvelino Marina: si tratta dell'attuale cappella di S. Matteo, dove è ancora presente l'arcosolio che ospitò le reliquie. La permanenza dei resti fu breve, in quanto Giovanni, il vescovo di Paestum, recatosi in visita al sepolcro, ne impose la consegna e le fece deporre in un'urna. Anche questa svolta della leggenda è segnata da eventi prodigiosi: si narra che all'apertura del sepolcro si fosse sprigionato un profumo e che il giorno della partenza, durante l'attraversamento del fiume Malla (forse lo stesso Fiumarello), il prete che trasportava l'urna si fosse salvato miracolosamente dall'annegamento. Il trasporto dell'urna è legato
Salerno: campanile e atrio del duomo normanno.
Salerno: campanile e atrio del duomo normanno.
anche alla prima manifestazione del “miracolo della manna”, una sostanza ritenuta capace di guarire i malati, che trasudava dall'urna e che da allora in poi fu raccolta in un'anfora d'argento. Il prodigio si è ripetuto ogni anno il 6 maggio (data dell'arrivo a Salerno) e il 21 settembre, fino al 1800.
Nel viaggio di ritorno verso Capaccio, il vescovo Giovanni e il suo seguito pernottarono a Rutino, nella chiesa di San Pietro. Vi si trova una fonte detta di “San Matteo”, che, come ricorda un’iscrizione, sgorgò misteriosamente per dissetare i portatori delle sacre reliquie. Esiste anche una versione locale dell'episodio, secondo la quale la scaturigine dell'acqua sarebbe la risposta del Santo alle preghiere dei rutinesi, afflitti dalla siccità.
A Capaccio le sacre spoglie furono collocate nella cattederale dedicata alla Madonna del Calpazio, l'attuale chiesa di S. Maria del Granato: vi si può notare una tomba marmorea vuota, che le ospitò finché Gisulfo I, principe di Salerno, non ne ordinò il trasferimento nella capitale del principato longobardo. Era il 6 maggio del 954. Per molto tempo la ricorrenza della Traslazione del corpo di San Matteo è stata oggetto di celebrazioni solenni, che coinvolgevano attivamente tutte le parrocchie della città. Collocati nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, i resti del Santo furono definitivamente sistemati nella cripta de Duomo, fatto erigere dal duca normanno Roberto il Guiscardo e consacrato da papa Gregorio VII nel 1084. La presenza di un simbolo così importante per la cristianità esercitò una notevole influenza sul prestigio e sulla fama della città, che divenne sede arcivescovile e meta di pellegrinaggi.

venerdì 26 luglio 2013

Museo Diocesano - Nuova Sala '600 e Guida

Di Aristide Fiore
Francesco Guarino, "Giuditta"
(1635 ca; foto: A. Fiore).
[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, giovedì 25 luglio 2013, p.8.]
Ieri, nella Sala Santa Caterina del Museo Diocesano “S. Matteo” di Salerno, alla presenza di S.E. Mons. Luigi Moretti, Arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno e di don Alessandro Gallotti, Direttore del Museo Diocesano San Matteo di Salerno si è tenuta la cerimonia di presentazione del nuovo allestimento della Sala del Seicento e della Guida breve del Museo, edita da “Art'em”. Entrambe le iniziative, curate dalla Soprintendenza ai Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici di Salerno e Avellino, consentiranno finalmente di fruire al meglio di tutte le maggiori collezioni custodite nello spazio museale di Largo Plebiscito.
La maggior parte delle opere esposte nella sala del Seicento, il cui allestimento è stato curato da Maura Picciau e dai funzionari Emilia Alfinito, Vito de Nicola e Lina Sabino, provengono dalle donazioni dell'Arcivescovo Isidoro Sanchez de Luna alla Cattedrale di Salerno (1772) e del Marchese Giovanni Ruggi D'Aragona alla sacrestia del Duomo (1870). La loro munificenza ha contribuito a inserire salerno nel panorama dell'arte seicentesca, con capolavori come la “Giuditta” di Francesco Guarino (in precedenza attribuita al Caravaggio, del quale fu allievo), la “Madonna della Rosa” di Massimo Stanzione e il “David” di Hendrik van Somer, o le due tele inedite della collezione: “S. Cecilia con Tiburzio e Valeriano” e una figura biblica del Vecchio Testamento, la schiava Agar in “Agar e Ismaele nella tenda di Abramo”, entrambe di autore ignoto. Tra le altre tele di gran pregio si annoverano “Le nozze di Cana”, “Cristo e l’adultera”, “L’adorazione dei magi” e il “San Brunone”.
Il museo diocesano di Salerno” è un agile volumetto curato da Maura Picciau, comodo da usare già a partire dalle dimensioni, che nelle due versioni pubblicate, in lingua italiana e inglese, accompagnerà i visitatori alla scoperta di importanti collezioni, a partire dal prezioso ciclo di formelle eburnee (XI-XII secolo).

venerdì 5 luglio 2013

Chiusa la maratona di premiazioni alla Grassi

Di Aristide Fiore

Il Vice Sindaco e Ass. P.I. Eva Avossa
e la
Prof. Raffaella Grassi (foto: A. Fiore).
[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, venerdì 28 giugno 2013, p. 8.] 
In occasione del 27° Anniversario della Fondazione dell’Accademia “Alfonso Grassi” e della Manifestazione Artistico-Culturale-Solidale “Poesia ed Arte”, si è svolta ieri a Salerno, nel “Salone dei Marmi” di Palazzo di Città, la Cerimonia di Premiazione della 9a Edizione Concorso Internazionale “Premio Alfonso Grassi” - Poesia ed Arte Contemporanea (Pittura, Scultura, Ceramica, Artigianato Artistico). L'Evento è stato patrocininato da Regione Campania, Provincia di Salerno, Comune ed Assessorato P.I. di Salerno, Azienda Soggiorno e Turismo di Salerno, e dai Comuni di Pontecagnano Faiano, San Cipriano Picentino, Cetara e Montoro Inferiore. Il ricavato delle quote di partecipazione sarà devoluto in favore del Progetto di Solidarietà, che prevede l'ampliamento della Scuola Primaria “Alfonso Grassi” a Ibamba, Congo.

Nel Salone è stata allestita una “Mostra Collettiva di Arte Contemporanea” con opere selezionate fra più di duecento lavori pervenuti, alcuni dei quali proposti da autori di provenienza estera.

La Giuria era composta da Laura Bruno (pittrice, docente), Paolo Cibelli (scultore, docente), Lorenzo Cleffi (pittore, docente), Clara Grassi (critico d'arte, docente ), Pietro Lista (critico d'arte, pittore), Niny Lo Vito (pittrice, docente), Concettina Lo Vito (critico d'arte, docente), Maria Rosaria Palmieri (poetessa, docente),Vincenzo Pagliara (cantautore, oculista), Emilia Persiano (critico letterario, preside), Modesta Pepe (preside). La presidenza onoraria della giuria è stata attribuita al Sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, mentre il la vice presidenza onoraria al Vice Sindaco e Ass. P.I. Eva Avossa, presente alla manifestazione; Presidente della Commissione era la Prof. Raffaella Grassi; Vice Presidente la Prof.ssa Clara Grassi.
Tra gli Ospiti d’Onore l'On. Guido Milanese e il critico d'arte prof. Luigi Crescibene.
La IX Edizione del “Premio Alfonso Grassi” 2013 è stata organizzata in Tre Tematiche: La donna nell' Arte (sia come artista che come modella); I colori nell'Universo (terra, mare, cielo...); Tema libero.
I riconoscimenti sono stati assegnati come segue.
Prima tematica, Poesia in Lingua: 1° posto Romano Zega (“Ad una donna”); 2° posto Francesco Terrone (“Amo di te”); 3° posto ex aequo Gerardo Moscariello (“La donna nell'arte”) e Felice La Sala (“Relazione di laboratorio N. 1”); Premio Speciale “Dante Alighieri” a Fiorentino Vairo (“Raccogli i fiori nel mio giardino”).
Seconda tematica, Poesia in lingua: 1° posto Antonio Di Riso (“I colori dell'amore”); 2° posto Sandra Ballardini (“Il mare e poi il mare”); 3° posto Patricia Luongo (“L'Universo”); Riconoscimento speciale della giuria a Erlinda Maturanzio (“Rosso”).
Terza tematica, Poesia in lingua: 1° posto Mario Festa (“Il senso di te”); 2° posto Luigi Roscigno (“Amo andare alla deriva”); 3° posto Giovanni Viviano (“Erano giorni”); Premio Speciale “Dante Alighieri” a Linda Stagni (“La foto di mamma mia”), Anna Giannattasio (“La marea”) e Luigi Lanzalotti (Tristezza).
Terza tematica, Poesia in vernacolo: 1° posto Mario Senatore (“N 'a sfera 'e sole”); 2° posto Antonio Nardiello (“Penzieri”); 3° posto Anna Maria Maio (“Vurrìa...”).
Sono state inoltre premiate, fuori concorso, le poesie “Mondo” di Angelo Iannelli e “Il mondo degli occhi” di Vincenzo Pagliara.
Prima tematica, pittura: 1° posto Daniela Dumbrava (“La donna... e una pelle per rinascere”, tecnica mista in rilievo, olio su tela); 2° posto Gennaro Nardiello (“La donna e l'universo”, collage su tela); 3° posto Eva Savokhina (“Donna russa”, olio su tela); Premio Speciale “Raffaello Sanzio” a Regina Senatore e Daniela Ciaparrone.
Seconda tematica, pittura: 1° posto Rocco Aliberti (“Cascate di Medyugorye”, olio su tela); 1° posto Rosalba Barillaro (“Scorcio ad Atrani”, olio su tela); 3° posto ex aequo Patrizia De Carluccio (“Il movimento del mare”, tecnica mista) e Salvatore Damiano (“Piana del Sele verso Eboli”, acrilico); Premio Speciale “Raffaello Sanzio” a Giuseppe Esposito, Maria Scarano e Anna De Rosa; Premio di Merito a Mimmo De Luca.
Terza tematica, pittura: 1° posto Concetta De Carluccio (“Natura morta con rame”, olio su tela); 2° posto Rolando Pisano (“La Rotonda di Salerno”, acrilico); 3° posto ex aequo Teresa Sica (“Il bosco”, olio su tela) e Anna Avossa (“Albori – Anfratti di memoria”, acrilico su tela); Premio Speciale “Raffaello Sanzio” a Patrizia Mandolla, Pierina Salomone e Giuseppe Giannattasio; Menzione speciale a Cristiano Verde; Premio di Merito a Sergio Cioffi e Davide D'Angelo; Diploma con medaglia a Giovanna Annunziato, Raffaella Cantillo, Pasquale Mastrangelo, Vincenzo Principe, Carmela Siani e Annalisa Torelli.
Terza tematica, grafica: 1° posto Cinzia di Muro; 2° posto Gian Luca Lancellotti 3° posto Milena Russo.
Terza tematica, ceramica: 1° posto Francesca Armiento (“Umanità”, piatto in ceramica); 2° posto Francesca D'Elia (“Mandragola”, pannello in ceramica/maiolica invetriata); 3° posto ex aequo Cristiano Verde (“L'Edificio di Eumachia a Pompei”, piatto in ceramica) e Mimmo De Luca (“I colori notturni della costiera”, piastra in ceramica decorata a fuoco presso le Fornaci De Martino).
Terza tematica, scultura: 1° posto Gelsomino Casula (“Corpo di natura negata”, pietra naturale”); 2° posto Biagio Landi (“La Sfinge”, cotto e ceramica); 3° posto Teresa Citro (“Ombra”, legno, ottone, ferro); Premio di Merito a Fiorentino Vairo; Riconoscimento speciale a Vincenzo Capone e Sergio Cioffi.
Terza tematica, artigianato: 1° posto Erlinda Maturando (centrotavolo realizzato con uncinetto, tecnica: chiacchierino); 2° posto Camilla Grasso (“Autoritratto”, agopittura); 3° posto Maria Apicella (centrotavolo ricamato a punto a croce).
La Manifestazione è stata allietata da un Recital di Musica, con le esibizioni di Salvatore Santella al sax, il duo Domenico Farina (flauto) e Antonio De Martino (chitarra), Vincenzo Pagliara (in veste di cantautore) e con la partecipazione dell'attore partenopeo Angelo Iannelli nei panni di Pulcinella.