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Antonella Pagnotta, "La Radura".
(Foto: A. Fiore) |
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Pasquale Napolitano,
"Appunti per uno spazio in cinque tempi".
(Foto: A. Fiore) |
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Lucio Afeltra, "Da sere... orto".
(Foto: A. Fiore) |
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Antonella Gorga, "No" - Senza titolo.
(Foto: A. Fiore) |
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Dario Di Sessa,
"Tramonto" - "Ombrellone" - "Licosa".
(Foto: A. Fiore) |
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Vittorio Pannone, "Tabularasa".
(Foto: A. Fiore) |
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Angelo Marra,
"Cara mamma".
(Foto: A. Fiore) |
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Di Aristide
Fiore
[Pubblicato su Le
Cronache del salernitano, 14 aprile 2014, p. 12.]
A un secolo dallo
scoppio della Grande Guerra, otto artisti sono stati invitati dal
critico d'arte Marcello
Francolini
a indagare l'inconscio collettivo per indurre il pubblico a
riflettere sui possibili ricorsi di quel fatale 1914 che sconvolse
l'Europa e non solo. La
collettiva allestita nella Pinacoteca Provinciale di Salerno in
collaborazione con la Fornace Falcone invita a reinterpretare il
modo di concepire l'esserci, l'essere nel mondo. Per Francolini
e gli
otto artisti in mostra «non
è con le labili barriere d’una presunta scientificità o d’una
presunta logicità degli eventi o dei giudizi, che l’uomo potrà
difendersi dall’assalto dell’irrazionale, dell’onirico,
dell’inconscio; anzi è accettando la condizione di instabilità
e indeterminatezza, che potrà farsi strada una concezione del
mondo che attinga maggiore forza e maggiore chiarezza proprio
dalla constatazione del potere di “un pensiero per immagini”».
Sono state dunque formulate otto proposte di “mediazione
possibile” tra storia e vita, memoria e percezione, che
potrebbero essere riferite a due filoni principali.
Il rischio di
perdere il senso del mondo o la percezione di sé – e l'invito
implicito a evitare tale perdita – è il tema che accomuna le
opere proposte da Antonella Pagnotta,
Pasquale
Napolitano
e Lucio Afeltra.
“La
radura” di Pagnotta è in realtà un non-luogo, individuato
mediante la dimensione contraddittoria di una “disfunzione
prospettica”, che induce l'osservatore a concentrarsi sull'unica
certezza: il corpo, rappresentato dall'enigmatica figura,
incastonata tra quinte illusorie al centro del dipinto. Quanto sia
facile intraprendere il percorso contrario, lasciarsi illudere dal
fascino della tecnologia a discapito della percezione della
dimensione umana, lo dimostra la fantasmagoria di luci della
videoinstallazione di Napolitano
(“Appunti
per uno spazio in cinque tempi”), mentre il grande pannello
polimaterico di Afeltra
(“Da
sere... orto”) rappresenta un disperato tentativo di aggrapparsi
al reale, a una ordinarietà agognata ma sfuggente, la cui
persistenza, nonostante tutto, si manifesta con decisione nelle
immagini di Antonella Gorga
e in quelle,
immediate ma non banali, di Dario
di Sessa.
Altro
tema fondamentale è la memoria. Se è vero che la storia la
(ri-)scrivono i vincitori, anche il vissuto di coloro che sono
stati coinvolti a vario titolo dagli eventi fonda la sua integrità
su equilibri precari. È questo il senso di “Tabularasa”
di Vittorio
Pannone.
Il carattere monumentale del segno viene contraddetto dallo stesso
materiale con il quale è realizzato: nel supporto di cartone si
intravede la vertigine dell'effimero, dell'appoggio malfermo.
Finché il ricordo dura, occorre adoperarsi tuttavia affinché
superi le barriere innalzate per superare il lutto e diventi
utilizzabile, a beneficio dei sopravvissuti e dei posteri; magari
facendo ricorso a qualche espediente, che ne attenui il potenziale
ritraumatizzante. Le installazioni di Angelo
Marra,
quasi dei totem atti a rappresentare due aspetti della tragicità
della guerra (“Cara mamma” e “La miseria più nera”),
sembrano guardare al dolore con distacco; a esse fanno da
controcanto i tre dipinti su cartone dello stesso autore (“Poi
la guerra è finita”, “Un angelo al buio”, “Senza
titolo”), mediante i quali egli tenta invece di affrontare
l'indicibile, lasciando fluire sensazioni e ricordi attraverso
segni apparentemente poco organizzati, quasi infantili: è una
sfida alle false certezze, che preludono alle peggiori avventure.
Nelle
immagini fotografiche di Pio Peruzzini,
invece, la memoria storica di un tratto paesaggistico simbolico –
le doline del Carso – veicolata attraverso la morfologia
organica – gli occhi di pesce – si trasforma in monito.
La
mostra sarà visitabile fino al 30 aprile 2014 dal martedì alla
domenica, dalle 9:00 alle 19:45.
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Pio Peruzzini, "Engraulis Encrasicolus".
(Foto: A. Fiore) |
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