sabato 21 settembre 2013

Il lungo cammino del gabelliere

Di Aristide Fiore

Caravaggio: "Vocazione di San Matteo".
Caravaggio: "Vocazione di San Matteo".
[Pubblicato su “Speciale San Matteo”, allegato a Le Cronache del salernitano, sabato 21 settembre 2013, p. 3.]
La storia di San Matteo è incentrata sul cambiamento: il pensiero corre prima di tutto al cambiamento di vita, sottolineato dal cambiamento del nome, del pubblicano Levi, che lasciò ogni cosa per seguire Gesù, ma anche al racconto delle alterne vicende che caratterizzarono gli spostamenti delle sue reliquie, il cui itinerario è scandito da eventi miracolosi, o almeno ritenuti tali.
Secondo la tradizione, le sacre spoglie, a trecento anni dalla morte, furono trasportate dalla cosiddetta “Etiopia”, cioè da qualche regione imprecisata del Medio Oriente legata all'apostolato e al martirio del Santo (69 d.C.), fino in Bretagna, dove hanno lasciato tracce nella toponomastica e nella denominazione di edifici religiosi. Basti
L'abbazia di Saint-Mathieu e l'omonimo faro.
L'abbazia di Saint-Mathieu e l'omonimo faro.
pensare alla Pointe de St-Mathieu, estremo lembo occidentale della Francia, chiamata così per ricordare lo scampato naufragio della nave con la quale alcuni mercanti bretoni trasportavano le reliquie; o all'abbazia di Saint-Mathieu de Fine-Terre, le cui rovine risalgono al XII secolo, che però, secondo la tradizione, sarebbe stata costruita nel VI secolo in onore di San Matteo, nel luogo in cui si riteneva fosse stato murato il suo cranio. Nel V secolo tuttavia il comandante romano Gavinio, originario di Velia, impossessatosi del corpo del Santo, lo portò con sé al suo ritorno in patria (la discordanza tra versione bretone e versione latina della leggenda è tuttora irrisolta). L'abbandono di quelle contrade, dovuto a
Rovine di Velia (Elea): Porta Rosa.
Rovine di Velia (Elea): Porta Rosa.
continue incursioni piratesche e al degrado del territorio, causò la perdita della memoria di luoghi e avvenimenti, fino al 954 d.C., quando, secondo la tradizione, il Santo Apostolo apparve in sogno a Pelagia, una donna che abitava nella piana di Velia, e le indicò il luogo in cui era stato sepolto il suo corpo. Il ritrovamento fra le rovine di Velia è attribuito al figlio monaco di costei, Atanasio, il cui proposito iniziale fu di intraprendere una sorta di tourné religiosa con le reliquie del Santo, attività particolarmente redditizia diffusa a quell'epoca. Imbarcatosi, fu respinto due volte da tempeste, che lo indussero a rinunciare al suo proposito. Fu così che per la nuova sepoltura del Santo scelse una chiesa dedicata alla Santa Genitrice Vergine
Capaccio (SA): Santuario della Madonna del Granato.
Capaccio (SA): Santuario della Madonna del Granato.
Maria, in una località detta “ad duo flumina”, presso la confluenza fra l'Alento e il Fiumarello, nel territorio di Casalvelino Marina: si tratta dell'attuale cappella di S. Matteo, dove è ancora presente l'arcosolio che ospitò le reliquie. La permanenza dei resti fu breve, in quanto Giovanni, il vescovo di Paestum, recatosi in visita al sepolcro, ne impose la consegna e le fece deporre in un'urna. Anche questa svolta della leggenda è segnata da eventi prodigiosi: si narra che all'apertura del sepolcro si fosse sprigionato un profumo e che il giorno della partenza, durante l'attraversamento del fiume Malla (forse lo stesso Fiumarello), il prete che trasportava l'urna si fosse salvato miracolosamente dall'annegamento. Il trasporto dell'urna è legato
Salerno: campanile e atrio del duomo normanno.
Salerno: campanile e atrio del duomo normanno.
anche alla prima manifestazione del “miracolo della manna”, una sostanza ritenuta capace di guarire i malati, che trasudava dall'urna e che da allora in poi fu raccolta in un'anfora d'argento. Il prodigio si è ripetuto ogni anno il 6 maggio (data dell'arrivo a Salerno) e il 21 settembre, fino al 1800.
Nel viaggio di ritorno verso Capaccio, il vescovo Giovanni e il suo seguito pernottarono a Rutino, nella chiesa di San Pietro. Vi si trova una fonte detta di “San Matteo”, che, come ricorda un’iscrizione, sgorgò misteriosamente per dissetare i portatori delle sacre reliquie. Esiste anche una versione locale dell'episodio, secondo la quale la scaturigine dell'acqua sarebbe la risposta del Santo alle preghiere dei rutinesi, afflitti dalla siccità.
A Capaccio le sacre spoglie furono collocate nella cattederale dedicata alla Madonna del Calpazio, l'attuale chiesa di S. Maria del Granato: vi si può notare una tomba marmorea vuota, che le ospitò finché Gisulfo I, principe di Salerno, non ne ordinò il trasferimento nella capitale del principato longobardo. Era il 6 maggio del 954. Per molto tempo la ricorrenza della Traslazione del corpo di San Matteo è stata oggetto di celebrazioni solenni, che coinvolgevano attivamente tutte le parrocchie della città. Collocati nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, i resti del Santo furono definitivamente sistemati nella cripta de Duomo, fatto erigere dal duca normanno Roberto il Guiscardo e consacrato da papa Gregorio VII nel 1084. La presenza di un simbolo così importante per la cristianità esercitò una notevole influenza sul prestigio e sulla fama della città, che divenne sede arcivescovile e meta di pellegrinaggi.

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