Di
Aristide Fiore
"Innesti - L'uomo che verrà". |
Fino
all'8 dicembre 2013, la Pinacoteca provinciale di Salerno ospiterà
la personale di Danilo Maestosi intitolata “L’era glaciale.
Innesti”, a cura di Alfio Borghese ed Erminia Pellecchia.
Organizzata dall’associazione “Amici dei Musei”, presieduta da
Vincenzo Monda, la mostra, che consta di venticinque dipinti recenti,
tutti oli su tavola, è stata realizzata con il patrocinio della
Provincia di Salerno-Assessorato ai beni culturali e al patrimonio e
la disponibilità della Direzione dei musei e biblioteche
provinciali, ed è stata concepita sia come riproposizione del ciclo presentato la scorsa estate al Palazzo delle Arti di Frosinone sia
come anteprima dell’allestimento previsto al Vittoriano di Roma, la
prossima primavera.
In
queste opere si avverte il fremito di forme ansiose di liberarsi
dalla gelida stasi di uno sfondo bianco: un “colore di gestazione”,
che conserva il carattere dello stadio indefinito che precede ogni
creazione; il colore dell'era glaciale, secondo Kandinsky, prigione e
culla di forme. Le ere glaciali, a modo loro, sono state feconde.
Hanno unito i continenti e permesso di colonizzare nuove terre:
innesti di popoli, che hanno dato origine a nuove civiltà. Maestosi
ha esplorato la distesa glaciale, ne ha scrutato la trasparenza, ha
individuato i segni di vite passate che vi si celavano e, a partire
da questi, procedendo appunto per “innesti”, ha ricostruito
storie e risorse interiori destinate ad accompagnare “L'uomo che
verrà” (il titolo emblematico di uno dei dipinti), al quale
spetterà il compito di ricominciare quando il ghiaccio si sarà
sciolto. Si tratta di un'eredità spirituale, veicolata tramite un
messaggio di speranza che si propaga attraverso le vibrazioni ora
sommesse ora potenti di colori vivaci, rese addirittura tangibili da
tagli, sovrapposizioni, vergature che rivelano un uso sapiente,
accuratamente calibrato, della spatola.
Gli
innesti richiedono tagli netti, che fendono i tessuti con decisione
senza tuttavia risultare letali, ma determinando l'avvento di una
nuova vita. Allo stesso modo l'artista ha voluto reagire alla perdita
di riferimenti che caratterizza l'odierna società, della quale
spesso anche l'arte si è resa complice, arroccandosi in molti casi
dietro l'autoreferenzialità. Rompendo con la luce e il colore la
lastra di ghiaccio che separa la memoria dalla contemporaneità,
Maestosi ha approfittato dell'“Autunno
per imparare a volare” (altro titolo altamente evocativo) e ha
riscoperto la capacità di stupirsi, di interrogarsi, di cercare
possibili risposte che siano utili a costruire il nuovo.
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