Con la
personale intitolata I viaggi dentro Eliana Petrizzi
ritorna a Salerno presso la galleria “Il Catalogo”. Diciotto
opere dell'artista irpina resteranno esposte fino al 30 marzo.
Partendo dall'individuazione di elementi simbolici che rimandano a
concetti spirituali, la sua ricerca realizza il superamento della
fisicità per cogliere il senso universale delle cose. La
consapevolezza della sproporzione fra questo scopo e la capacità di
realizzarlo, determinata dai limiti intrinseci alla condizione umana,
è espressa dall'atmosfera malinconica che pervade i dipinti. Varie
stratificazioni di diversa trama e consistenza culminano con velature
tese all'ottenimento di una figurazione realistica e tuttavia
connotata da un senso di indeterminatezza. Il colore, slegato dalla
rappresentazione fedele, fotografica della realtà, assume un valore
concettuale; le monocromie restituiscono immagini tremule,
palpitanti, che invitano a una calma meditazione.
Fra le soluzioni formali proposte dall'artista si segnalano in
particolare i dittici, volti
a rappresentare concetti non sintetizzabili in una sola immagine
secondo un principio analogo a quello posto in atto attraverso la
scrittura ideografica: la combinazione di elementi riconoscibili
permette all'osservatore di ricostruire una narrazione attraverso la
quale pervenire al significato. In genere tale processo è attivato
dal binomio volto-paesaggio, inteso come contrapposizione fra
interiorità ed esteriorità, anima e mondo, e svolge la stessa
funzione chiarificatrice che è propria dei sogni. Il volto isolato,
sospeso nel buio, rappresenta l'aspetto spirituale, immortale e
intangibile, e tuttavia non estraneo all'amarezza dell'esistenza,
resa attraverso tagli, screpolature, striature e altre interferenze
visive, che tuttavia non sembrano turbare più di tanto la purezza
dell'immagine aggredita, violata, eppure persistente, al punto da
stagliarsi al di là delle ferite, fissata nell'espressione pacata di
chi non ha ancora aperto gli occhi alla realtà o non ha più bisogno
di vedere. In definitiva, la figura sembra trarre forza proprio da
ciò che la indebolisce, per esprimere la piena accettazione di
un'esistenza connotata dalla fragilità. Il paesaggio, reso
attraverso immagini evanescenti, evoca il silenzio, che pone in
relazione con l'essenza delle cose, e la solitudine,
che segna tutti i momenti di passaggio che scandiscono il corso della
vita ma permette di ritrovarsi.
Big stone. |
Nessun commento:
Posta un commento